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Daniele Baldelli @ Bellalago

E’ il 1969. Allora si colloca la nascita professionale di Daniele Baldelli.
Inizia per caso in quell’anno, giovanissimo. Il suo talent scout è il gestore del TANA CLUB DISCOTEQUE (era stato in Francia dove aveva visto alcuni music-bar che si chiamavano appunto: discoteque). Lo interpella proponendogli di fare il “metti dischi” (non era ancora coniata la parola Disc-Jokey, almeno in Italia).

Non esistendo né mixer né preascolto, il suo compito si limitava soltanto a programmare i dischi che erano già stati scelti dal gestore del locale. Si procedeva abbassando il volume del giradischi sul quale girava il 45 giri che si stava ascoltando, e alzando il volume di un altro giradischi dove era pronto un altro 45 giri. Naturalmente non esisteva il mixaggio.
Un eventuale spazio vuoto non era rilevante: eravamo agli albori del Dee-Jay. Un mestiere ancora tutto da inventare.

Daniele Baldelli quindi, non ha modelli a cui fare riferimento, ed in assenza di apparecchiature, che sarebbero arrivate più tardi, cercava di inventarsi qualche metodo per far si che la musica avesse una certa continuità. Non amava insomma molto quella pausa che c’era tra un disco e l’altro.
Così, cercava di sentire il rumore che faceva la puntina quando raggiungeva il primo solco del disco, per capire che era il momento di alzare il volume. Oppure incideva delle tacche sulla variazione di velocità del giradischi “LENCO” per avere dei punti di riferimento, o ancora attaccava delle etichette adesive sul disco per individuare il punto esatto di partenza della musica (pratica più tardi ripresa da dee jay scratchattori virtuosi del vinile e concorsi D.M.C.)

Nel 1970 passa al TABU’ CLUB sempre a Cattolica. La musica che suonava ai tempi, si poteva forse dividere in due grandi branche: la musica Bianca, di provenienza europea, e la musica Nera di provenienza americana. Si parla sempre di 45 giri (o seven inch) che costavano allora 600 lire. L’album, che costava 3.300 lire, era quasi sempre una spesa inutile, perché l’unico pezzo ballabile contenuto usciva su 45 giri. Così in quell’anno si mescolavano dei dischi europei, che erano quasi sempre canzonette allegre e commerciali, con dischi americani soul, rhythm&blues e funky di artisti quali: Arthur Conley, Joe Tex, Wilson Pickett, James Brown, Rufus Thomas, Lyn Collins, ecc. Naturalmente reperire questo materiale non era sempre facile. Di solito il Dee-Jay si limitava a servirsi dell’unico negozio musicale presente nel proprio paese. Daniele Baldelli, invece prendeva il treno e si recava a Lugano (là c’era un negozio chiamato Radio Columbia) e qualche volta a Parigi dove riusciva a reperire dischi d’importazione.

Un altro particolare sulle serate in discoteca negli anni 70, era che la musica veloce che si ballava come “shake” veniva alternata da lenti. La proporzione era di 5 shake e 5 lenti, poi col passare degli anni, trenta minuti di shake e 3 lenti.
Nel 1974-75 apre LA BAIA DEGLI ANGELI, un locale che ha sicuramente segnato la storia della discoteca in Italia.

Situato sulla collina di Gabicce (PS), affacciato al mare, formato da vari piani comunicanti tra loro. Una struttura completamente bianca e panoramica con tante particolarità innovative come la consolle del Dee-Jay, costituita da un ascensore dalle pareti di vetro che permetteva al Dee-Jay di andare dal primo al secondo piano per avere la visuale completa delle varie piste, esterne ed interne.
Un braccio meccanico con gabbiotto (tipo quello per riparare i cavi alta tensione) carico di effetti luce che poteva anch’esso spostarsi sulle varie piste. La piscina interna (con pista da ballo) ed esterna, una grafica d’avanguardia, orari d’apertura mai visti prima di allora (5 o 6 del mattino), locale illuminato a giorno, assenza di lenti, solo musica americana bellissima e mai sentita (sei mesi più avanti di quella comunemente programmata dai dee-jays della Riviera Adriatica).

La musica era affidata a due dee-jays americani: TOM SISON E BOB DAY .
Nel frattempo tutti avevano mixer – cuffia – pre ascolto e monitor, ma probabilmente non sapevano usarli nel modo giusto.

La fortuna di esser vicino alla Baia Degli Angeli, di sicuro ha contribuito positivamente sull’evoluzione tecnica del d.j. Daniele Baldelli, il quale vide per la prima volta , dai due americani come poter eseguire un mixaggio in piena regola.

Si doveva togliere la sagoma di gomma che di solito ricopre il piatto, e mettere al suo posto un 45 giri con la sua copertina di carta (poi sostituito più avanti dal classico “panno”). Su di esso si posizionava il disco da suonare (compare il 12 inch, disco contenente un solo brano ma grande come un album per ottenere una dinamica migliore. L’industria discografica si attrezza e si specializza in prodotti creati per la discoteca) . in questo modo lo si poteva rallentare o accelerare con le mani, oltre ad aiutarsi con le correzioni di velocità del piatto stesso per mettere allo stesso ritmo i due brani ed ottenere la loro sovrapposizione perfetta.

Grande stupore e gioia per Daniele Baldelli quando Bob Day e Tom Sison, lo ascoltarono casualmente al Tabù Club un pomeriggio e gli fecero grandi complimenti. Per poi proporlo al gestore della Baia per sostituirli alla fine del loro contratto – e lasciandogli in regalo la copia, tanto ambita e desiderata, del disco di LOLEATTA HOLLOWAY “hit and run” con tanto di dedica e autografo!!!!
Parallelamente fu contattato anche Claudio Rispoli, in arte Mozart.
Così i due si ritrovarono insieme per la grande avventura BAIA 1977/78.
Il “COSMIC” nasce nel 1979 a Lasize sul Lago Di Garda.

Nelle intenzioni del fondatore era già evidente la voglia di creare qualcosa di alternativo a partite dal logo – dove si vede la scritta “COSMIC” che avanza in velocità per infrangere un vetro che racchiude simbolicamente un paesaggio terrestre (spunto preso espressamente da una copertina dei “Commodores”).
La scelta del Dee Jay si orienta su Daniele Baldelli che era stato notato nel 1977-1978 alla consolle della “Baia Degli Angeli” di Gabicce (PS). Tutto quindi parte con l’idea che la musica doveva essere l’elemento trainante del progetto.

Inoltre la discoteca, che era omologata per 1.200 persone, aveva una pista da ballo per 700, un impianto luci mai visto prima. Una cosa certamente singolare considerando l’offerta di quel periodo. Il tutto supportato da un potentissimo impianto musicale. L’interesse che ha suscitato la prima sera dell’inaugurazione, la forte affluenza di pubblico, ha fatto sì che la festa inaugurale si ripetesse per le 4 serate successive, registrando ogni notte il tutto esaurito.
Ben presto, la fama del “Cosmic” , si allarga a macchia d’olio e si espande in pochi mesi oltre le province di Verona, Brescia e Mantova. Il locale nel giro di un anno diventa un punto di riferimento per tutto il “trend” e resta un punto fermo dal ’79 all’84.

Nel parcheggio si notavano targhe automobilistiche da Palermo ad Udine, da Napoli a Torino, da Innsbruck a Firenze. Tutta la “tendenza” della penisola si prenotava per un sabato sera al “Cosmic” ansiosa di partecipare ed ascoltare quel fenomeno musicale etichettato come “AFRO”. Naturalmente, anche se si continua ad usarlo , questo termine era ed è improprio . A meno che si consideri l’ africanismo come l’unica matrice che influenzava le varie proposte musicali di Daniele Baldelli .

Infatti , anche se si possono distinguere vari periodi nella storia del “Cosmic” (da quello del Funky – Disco del primo anno e quello prettamente elettronico del 1980-82 e a seguire i momenti più influenzati dal Reggae, dal Fusion, dal Jazz, dal Brasile) l’africanismo , Daniele Baldelli, lo esprimeva quando suonava il Bolero di Ravel sovrapponendolo ad un brano degli Africa Djola, oppure un pezzo sperimentale di Steve Reich sul quale mixava un canto Malinke della Nuova Guinea, mixando i T-Connection con Moebius e Rodelius, scoprendo nell’album Izitso l’unico brano ipnotico- tribale di Cat Steven, estraendo l’africa dai Depeche Mode suonandoli a 33 giri o viceversa facendo diventare musica una voce reggae suonata a 45 giri, mixando una ventina di brani africani su uno stesso pattern di batteria elettronica o suonando insieme una batucada con Kraftwerk, usando gli effetti elettronici di un sintetizzatore per sovrapporli a brani di Miram Makeba, Jorge Ben o Fela Kuti- o ancora accostando le melodie indiane di Hofra Haza o Sheila Chandra con le sonorità elettroniche della SKY RECORD tedesca.

Anche se poi largamente imitato o preso come punto di riferimento in quel periodo Daniele Baldelli era solo: con la sua fantasia, la sua voglia di musica , la sua ricerca tecnica, ha spaziato e sperimentato i vari stili senza avere moduli o modelli a cui rifarsi.

Si può dire che, senza accorgersene, Daniele Baldelli sia stato il precursore di tutto quello che è il lavoro del Dee Jay – iniziando nel 1969, quando ancora non esisteva né mixer né cuffia per il pre – ascolto fino a inventarsi per primo l’utilizzo in discoteca della batteria elettronica, di sintetizzatori e dei primi campionatori che avevano solo 4 secondi di memoria.

Nel 1980, Daniele Baldelli si inventa il “Dee Jay concerto”.
Praticamente quattro piatti, due mixer, batteria elettronica o percussioni dal vivo mentre sui piatti venivano mixati in poco più di mezz’ora 80 – 100 brani che praticamente davano vita ad un supermegamix il tutto rigorosamente dal vivo.

Un’altra particolarità del “Cosmic” era l’equalizzatore, che veniva usato come strumento musicale, intervenendo ritmicamente su tasti e cursori si manipolavano le varie frequenze creando accentuazioni su un “Cymbal” o su una voce, su un basso. Oppure si esasperava al massimo un intervento di tastiera stravolgendo o caricando così il brano che sembrava remigato dal vivo.
Il mixaggio era un’altra caratteristica o quasi una “fissa” di Daniele Baldelli che spendeva letteralmente il suo tempo all’ascolto dei suoi dischi (che oggi sono circa 60.000) per trovare gli accostamenti migliori o i punti dove i brani sovrapposti ne creano un terzo.

Il “Cosmic” chiude i battenti nel novembre 1984.

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